Tra i vantaggi di seguire la gente giusta su Twitter c'è quello di avere ogni giorno suggerimenti e link ad articoli che magari possono sfuggire. E' il caso di un pezzo del "Corriere della Sera" sulle quotidiane torture che i bambini stanno subendo in Siria a causa del conflitto. Viviamo in una fetta del mondo dove i figli, i nipoti e i bambini in generale vengono di solito tutelti come il bene più grande che la famiglia può avere. Cibo di qualità, stimoli per la creatività, la baby sitter referenziata quando i genitori non ci sono. E poi la scuola di teatro, di danza, i vestiti più carini, il giocattolo di moda ed ogni attenzione (perfino eccessiva in alcuni casi) rispetto alla tutela della salute fisica e psicologica. Basta però fare qualche centinaia di chilometri per trovarsi nell'orrore più assoluto. Cos'è l'orrore? Sicuri di volerlo sapere? Pronti, via. L'orrore è quello che ha visto il piccolo Hassan, è scoppiata una bomba mentre era ad un funerale e si è trovato a pochi metri da teste e mani mozzate che galleggiavano in pozze di sangue, l'orrore è quello che ha vissuto Khalid, 15 anni, sequestrato dai miliziani, appeso al soffitto per i polsi, picchiato e torturato per due giorni con sigarette e scosse elettriche. So bene che leggere tutto ciò fa male ma credo faccia peggio ignorare (o peggio ancora fingere di ignorare) il quotidiano inferno di questi ragazzini che hanno avuto solo la colpa di nascere nel pezzo di mondo sbagliato. Poteva capitare a me come a chiunque di voi o dei vostri cari. Ecco il racconto di Wael, 16 anni, leggete la sua testimonanza raccolta "Save the Chidren" e poi vi lascio in pace: “Nel giardino di casa avevamo scavato un buco per nasconderci quando arrivavano i soldati. L’ultima volta ci siamo nascosti dalle 7 del mattino alle 5 del pomeriggio. Ero terrorizzato. Una volta però mi hanno arrestato. Eravamo in 13, il più piccolo aveva 6 anni. Si chiamava Alàa: non capiva cosa stesse succedendo. È stato torturato più di ogni altro, volevano che il padre si consegnasse. Lo hanno picchiato per tre giorni, senza dargli da mangiare nè bere. Poi è morto. Hanno trattato il cadavere come fosse quello di un cane”. Ora non so voi ma a me vengono in mente due considerazioni, la prima è che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite (che si riunirà tra qualche giorno) deve fare PRESTO qualcosa per fermare i massacri, sono già scesi in campo "Save the Chidlren" (doniamo, doniamo, doniamo) ed altre associazioni ma è evidente che la reazione a questo schifo dev'essere politica e che forse la pazienza può definirsi conclusa. La seconda è che quando questa gente arriva in Italia forse potremmo avere un pizzico in meno di puzza sotto al naso e cercare di capire il disagio, se non il disturbo post traumatico da stress, che un essere umano può avere dopo aver vissuto una roba del genere. E la difficoltà per noi fortunati è proprio questa: andare a fondo nelle cose, guardare almeno l'orrore in faccia prima di decretare che non è un nostro problema. Un esempio? Voi avete impiegato quanto a leggere quest'articolo? Minuti, ecco gurdate invece quanto è più seplice così (entro nella parte, concentrazione): "Sbattiamo fuori questa gente a calci in culo!". Due secondi, applausi. Ma perchè? Perchè siamo carogne? No, (Dio, magari qualcuno anche si) ma è molto più semplice fingere di non vedere, sentire, capire per mettere a tacere il senso di colpa. Generalizzare con "questi extracomunitari" e chiudere la questione, ma questi extracomunitari hanno un nome e un'età: Khalid, Wael. 15, 16 anni.
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Agosto 2017
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