(24 Maggio, ok. Vado su Twitter per vedere le tendenze della giornata, i temi più popolari oggi. Trovo #motoGP #LazioMilan #ChievoRoma #NapoliFiorentina. Fanculo, penso, e mi accingo a scrivere questo breve articolo). Il 24 marzo del '44 i nazisti massacrano alle Fosse Ardeatine 335 esseri umani. Vennero prelevati dal carcere di via Tasso (uno dei luoghi di tortura delle SS) e ammazzati come cani per rappresaglia, contro la lotta partigiana di liberazione nazionale. Bene, male anzi, malissimo, ma sapete cosa c'è secondo me di ancora più grave? C'è la tendenza a dimenticare. Non a caso la stessa Germania, quando vide che il suo impero crollava come un castello di carte, provò a distruggere le prove e la memoria di tutte le azioni mostruose passate alla storia con nome di nazismo. Le nostre giornate sono frenetiche: tra problemi ed impegni la mente è presa da altro ma un secondo, uno, direi che possiamo dedicarlo al ricordo di queste persone. Anche perchè il nostro dimenticare è il deficit di un sistema immunitario che costantemente prova ad essere violato, penso alle teste di porco recapitate alla comunità ebraica, le varie Albe Dorate che spuntano nel mondo, i piccoli professorucoli revisionisti che ciclicamente provano ad alzare la testa o le tante svastiche sui muri di Roma. Dimenticare vuol dire strizzare l'occhio ad ogni forma di moderna intolleranza e repressione del "diverso" (invece di cogliere il grande arricchimento insito in questa parola), che esso sia omosessuale, ebreo, arabo, nero, disabile ecc. Una battaglia di memoria è una battaglia molto pratica, per nulla di principio, serve infatti a salvaguardare quanto abbiamo di più caro, il futuro. A 70 anni dal massacro delle Fosse Ardeatine questo vorrei leggere sui social e, visto che non lo leggo, almeno lo scrivo. L'Italia democratica è fondata anche su questo sangue, onoriamolo con le nostre azioni, con i nostri NO a quello che ci offende, con il nostro esempio quotidiano. Fosse pure un tweet di 140 caratteri o un post su Facebook di una riga.
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Appaiono quantomai irriverenti e fuori luogo i sorrisi comparsi sul volto di Josè Manuel Barroso e Herman Van Rompuy a proposito del piano di riforme messo in piedi dal governo Renzi. E' peculiare come questi due signori che non credo passeranno alla storia, emblematici casomai più di un'Europa iperburocratica e priva di una linea politica organica (come il caso ucraino ha ampiamente dimostrato), mostrino un tale dileggio nei confronti del nostro paese. Un paese il cui governo non è assimilabile agli errori del passato ed alle figure che l'hanno governato, un paese che ha voglia di uscire dal pantano, per quanto quanto questo pantano sia durato molti anni e l'operazione sia ovviamente complessa. I sorrisini di questi due signori portano ovviamente alla mente quanto successe nell'ottobre del 2011, tra Sarkozy e la Merkel, quando fu rivolta loro una domanda sull'allora presidente del Consiglio Berlusconi. Sorrisi che, al netto della maleducazione dei due leader europei, comparivano sui loro volti mentre l'Italia veniva travolta dal ciclone dello spread ed il governo Berlusconi, che fino a poco prima negava perfino l'esistenza della crisi, mostrava tutti i suoi limiti. La situazione mi pare nettamente diversa. Lo dimostra il fatto che mentre i due euro burocrati ridono di noi, il socio maggioritario dell'europa politica (può non piacere, ma è così), la Merkel, ha espresso numerosi attestati di stima nei confronti del piano di riforme italiane e verso la persona di Matteo Renzi, giudicato "impressionante" quanto a volontà di riscattare il proprio paese, lavoro cominciato da Enrico Letta ma solo ora in pieno corso d'opera. Dopo anni di sacrifici, non del tutto scollegati dai dettami che una certa Europa ci ha imposto, è totalmente inaccettabile che gli italiani siano condannati ad essere scherniti in modo così' vergognoso. L'Europa deve rappresentare un ottimistico futuro per tutti noi, non un passato di ironia più o meno meritata a cui ci siamo abituati ed a cui qualcuno vorrebbe ancora sottoporci. Ci risiamo. Cambiano i nomi, i luoghi, le armi e restano le categorie umane più vili di questa terra: quelli che ammazzano le proprie compagne. L'ultimo caso ieri, davanti a due gemellini di 9 anni che resteranno traumatizzati a vita perchè papà ha ammazzato mamma a martellate. L'ha ammazzata perchè era geloso e non voleva accettare che quella che considerava roba sua (sua come una macchina o una maglietta) potesse decidere di lasciarlo. Se non sarà mia non sarà di nessuno, deve penare ognuno di questi vigliacchi. Ed hai voglia a dire alle donne "denunciate", l'ultima vittima troppe ne aveva fatte di denunce, cos'è cambiato? Non per colpa delle forze dell'ordine, ovvio, ma perchè tutelate da una legge blanda in una società omertosa. E poi ci sono loro, gli uomini cresciuti con i valori del macho, quelli de "la donna mia" e del guai a chi ti guarda. Apici di insicurezza in un corpo da energumeni, punte dell'iceberg in un sistema che ancora troppo si fonda sui peggiori anni 50, dove ha ragione chi urla più forte, dove i vicini si fanno i fatti loro, dove questa macelleria ignobile viene ancora chiamata "delitto passionale". Un esperimento Tv l'ha evidenziato di recente: provate a scippare una vecchietta e verrete fermati dopo pochi secondi (dalla polizia o dai passanti), ma picchiate una donna per strada e ci vorranno più di 7 minuti affinché qualcuno, timidamente, intervenga. "Le solite liti" hanno detto i soliti vicini, "i bambini già da tempo guardavano per terra e non parlavano più con nessuno" ha detto il barista sotto casa, "non me lo so spiegare" ha detto l'amico del cuore dell'assassino. E noi ce lo sappiamo spiegare che, nel 2014 non nel medioevo, il problema sociale italiano è che le donne vengano ammazzate? Provo a dare un consiglio da psicologo: evitate l'ultimo incontro, quello del chiarimento, l'ultima possibilità. Levatevi dalla testa di cambiare le persone. Noi nel frattempo aggiungiamo una tacca alle donne ammazzate nel 2014, aspettiamo il prossimo caso, scuotiamo la testa con gran dignità e continuiamoci a farci i fatti nostri. Noi, italiani brava gente. Il Segretario entrò nell’ ufficio con aria spazientita e, senza dire una parola, chiuse la porta dietro sé. La giovane addetta stampa aveva imparato a decifrare ogni dettaglio del suo viso e le bastò un’occhiata per capire che quella doveva essere una pessima giornata. Dopo un “Buongiorno” che non suscitò alcuna risposta pensò di arrivare al punto: “Segretario, le agenzie chiedono il tuo parere a proposito delle dichiarazioni del Premier sull’ abbassamento della pressione fiscale. Io, mentre aspettavo, ho trovato in archivio alcune interviste dell’anno scorso in cui, sostanzialmente, dici cose simili. Rilancio alle agenzie il parere favorevole del nostro Sindacato?”. Il Segretario la guardò negli occhi con rabbia ed incredulità “Giada, sei scema? Ti risulta che sia stato aperto un tavolo per contrattare la faccenda?”. Di fronte al silenzio della giovane sbuffò nervosamente e proseguì alzando il tono della voce “Vuoi dare la sensazione che il Sindacato non abbia lottato fino all’ultimo sangue per il bene del paese?”. La ragazza si sfilò gli occhiali, ci alitò sopra e pulì le lenti nervosamente, sfregandole sul proprio maglione “Si, ma tu avevi detto che…” “Io ho detto, e l’ho detto in molte occasioni, che bisogna far ripartire i consumi e l’economia di questo Paese, bisogna ridare potere d’acquisto a chi l’ha perso, cioè ai lavoratori ed ai pensionati. Dai, scrivi”. La giovane prese appunti sulla propria agenda e, perplessa, azzardò una domanda “Nessuna dichiarazione sui dati IPR Marketing? Sai, sulla fiducia nei sindacati ferma al 33%?”. “Nessuna” ruggì il Segretario “non ha senso dare voce a queste polemiche, abbiamo finito?” chiese poi. La giovane, senza alzare lo sguardo da quanto stava scrivendo, alzò il dito sinistro e le sottili sopracciglia brune, come fossero ami acuminati per intercettare il suo pesce che, indossato il cappotto, già stava uscendo dalla stanza. “Solo un’ultima questione, vogliamo fare un accenno alle migliaia di giovani ed autonomi, obbligati ad aprirsi una partita iva per trovare lavoro? Ma chi li tutela questi?”. Il Segretario fece un gesto con la mano a rimarcare la stupidità della domanda “Ma no, scrivi piuttosto che se ai lavoratori non arriveranno risposte, o si ridurrà la coperta degli ammortizzatori, ci sarà un problema di risposta al mondo del lavoro. Siamo pronti allo sciopero se non ci ascoltano, tutto chiaro? Vado, ciao” e, così dicendo, uscì dalla stanza sbattendo la porta. Lo spostamento d’aria fece scivolare il calendario poggiato sulla scrivania in noce che, nel cadere, si aprì casualmente sul mese Maggio. Un pennarello aveva cerchiato due giorni in rosso e scritto, in stampatello, ATTENZIONE: CONGRESSO NAZIONALE. (racconto di fantasia) |
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Agosto 2017
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