Questo 40% è dedicato a chi ha parlato di processi sommari, a chi ha definito "vecchia troia" la Professoressa Montalcini, a chi ha giocato con Auschwitz ed evocato leader sanguinari del '900. E' dedicato a chi ha promesso l'impossibile ed illuso un paese, un paese di certo arrabbiato ma non cattivo. Questo 40% è dedicato a quegli italiani (minoranza tra gli elettori del M5S, lo dico io per primo) "pronti alla guerra civile", i violenti di Piazza del Popolo ed i geni che prima han fatto una campagna elettorale contro il voto di scambio e poi si son fatti i selfie con la scheda elettorale. Agli sgrammaticati peggiori, quelli che lo sono a livello umano, a quelli che offendono oziosi ed agli "indivanados" che ora parlano di "gomblotti". Quelli che volevano terrorizzarci e da ieri sera sono terrorizzati. Questo 40% è dedicato ai giornali e ai giornalisti che hanno attaccato colleghi (Scalfari e Menichini, solo nella giornata di ieri) ed il Pd con editoriali da II° media ( "il fiorentino Fan Fàron, bombarolo, retorico, adiposo, borbottante e sputacchiante", "le ministre ancelle", "Karina Huff Boschi" ecc ecc). Servilismo preventivo o mancata elaborazione dell'antiberlusconismo? Non lo so ma comunque non ha pagato, traggano le loro conclusioni e, mentre alcuni si riprendono ed altri ritrovano il colore (ieri notte ce n'erano un paio cerei...), ne saluto uno in particolare: Questo 40% è dedicato alla base del Partito Democratico, quelle/i che investono il proprio tempo per far valere gli ideali in cui credono, non eroi per carità, ma il tessuto democratico che in situazioni come queste garantisce a tutte/i di vivere in un paese libero, con tanti difetti ma libero.
Queste elezioni (con Roma città che esprime un consenso da applauso al Pd, il 43%), sanciscono poi che la democrazia europea è da oggi un treno a due motori: quello tedesco e quello italiano. Non c'è alternativa al futuro ed oggi l'abbiamo dato un nuovo verso a quello del nostro paese, grazie!
1 Commento
Il concetto di verosimile, di reality, ha permeato così tanto la nostra società da diventarne, oggi, non solo un elemento caratteristico, ma da aver parzialmente compromesso il nostro giudizio di realtà su un'infinità di questioni. Il verosimile, pressoché insignificante se applicato al suo ambito originario, la televisione, mostra un aspetto nefasto se trasposto in altri ambiti. Se il tronista sia vero o verosimile in fin dei conti conta poco, deve intrattenere chi lo guarda; ma cosa succede quando questo concetto passa alla politica? Succede che non tutti sono in grado di cogliere l'eventuale pericolosità di un concetto proposto. E sia chiaro che non parlo della casalinga di Voghera coi bigodini in testa, parlo dello studente universitario, dell'impiegato, del creativo e del lavoratore autonomo. La fetta è così ampia perchè il problema non è solo culturale, è principalmente legato all'esperienza ed alla memoria. Se un Grillo fosse andato negli anni '50, con il ricordo del fascismo evidentemente fresco, a parlare di "iperdemocrazia", "rabbia buona", "morti" ecc. le persone lo avrebbero linciato: gli italiani scampati alla guerra magari avevano pure la quinta elementare, ma sapevano con estrema lucidità il rischio legato a certi concetti. L' aderire odierno ad un approccio del genere mi pare comporti invece almeno tre conseguenze: A) "Benaltrismo" Qualche giorno fa ho twittato che il governo aveva destinano 244 milioni all'edilizia scolastica, "I problemi sono ben altri! Ci vorrebbero miliardi" è stata la risposta più gettonata. Nessuno si cura se quei milioni stanziati salveranno la vita di chi non vedrà crollare un tetto sulla propria testa. Il problema diventa vero solo quando è irreversibile, il suo approssimarsi ed il tentativo di risolverlo sembra una perdita di tempo. Solo quando accade qualcosa è, ed anche lì viene affrontata con il filtro del verosimile, durante un Tg, tra una notizia di politica ed una di sport. Fino a qui tutto bene. B) Autoritarismo Se gli italiani non hanno saputo contenere le derive autoritarie di Berlusconi (editti bulgari, cacciate, deliri di onnipotenza) che almeno in apparenza avevano la facciata del dittatore buono che racconta le barzellette, cosa faranno verso la furia assolutista di Grillo? Qui i suoi sostenitori si spaccano: una robusta maggioranza la vede come l'innocua e simpatica provocazione di un grande comunicatore e solo pochi esaltati davvero taglierebbero la testa a quel politico, a quel giornalista o a quell' industriale. Io, in ogni caso, mi domando dove sia la simpatia esternazioni come "il Parlamento è una tomba maleodorante", "sono oltre Hitler", "quella vecchia troia della Montalcini", "Vendola è un buco senza ciambella" o in video come "Gaia", dove viene descritto un imminente conflitto mondiale con milioni di morti. Ma davvero ad una persona del genere (che ieri si è proposta come ministro, fra l'atro) fareste mettere bocca, per esempio, nelle tensioni tra Russia e Ucraina? Fino a qui tutto bene. C) Pressappochismo Nei concetti espressi E' evidente anche a chi lo sostiene quanti temi fumosi vengano fatti passare come chiari: mancano le coperture per il reddito di cittadinanza? "Tagliamo le spese militari del 100%". Non si può per i nostri vincoli internazionali? "Chissenefrega". L'Expo è preda delle solite cricche? "Si chiude". Se dava lavoro a 190.000 persone e spostava milioni di euro poco importa. Usciamo dall'euro? "Basta un referendum". Ovviamente non è vero ma la gente ci crede e si entusiasma. Il Movimento non affluisce a nessun gruppo europeo e quindi in Europa non conta nulla? "Poi vediamo". E questo approccio non si trova solo nella sostanza, ma anche nella forma, in questo caso volutamente becera e comprensibile. Si passa dal "vaffanculo" della piazza all'attacco a Renzi dagli studi di Porta a Porta, strizzando l'occhio all'elettore bersaniano in cerca di riscatto, blandito e rassicurato. E questo linguaggio è seguito alla lettera dai suoi sostenitori: la kasta, lo psiconano, l'ebetino. La rete in questo è fortissima: il vertice del M5S vuole che si parli in un determinato modo ed è in quel modo che parlano i suoi sostenitori. E lo fanno con una ferocia nuova, una ferocia che non c'entra nulla con quella classica, quella novecentesca: è una ferocia ineffabile e sottotraccia. E' una rabbia comprensibile, se pensiamo a quanto la mala politica abbia sottratto alle persone comuni negli ultimi vent'anni, ma di fatto cresce su di un modello che in teoria vorrebbe distruggere, quello del capo perfetto. Verso l'avversario La confusione tra "fare politica" (essere attivo sul territorio, organizzare eventi ed iniziative per le persone) ed "essere un politico" (percepire uno stipendio per il proprio agire politico) è il principale errore alla base degli attacchi che mi arrivano sui social (come se tutti i politici fossero delle carogne, fra l'altro). Chiarito il primo punto si passa al secondo assunto di base: "la politica ti ha trovato il lavoro in tv". Quei pochi che si fidano quando gli spiego di aver fatto dei regolari provini e che sono esattamente come loro (ma con altre idee politiche) arrivano ad una conclusione poco dissimile da quella enunciata da Berlusconi qualche anno fa: sei un coglione. La parabola colluso - raccomandato - coglione è l'emblema di questo equilibrio e quasi ti danno l'impressione che avrebbero preferito ti fossi fermato nella parte ascendente della curva. Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio. Chi mi conosce o più semplicemente mi legge sa che di calcio non mi interesso, il più delle volte io ignoro lui e lui ignora me. Quello che è successo stasera allo stadio olimpico ha però poco a che fare col gioco del calcio. Non c'entrano nulla col gioco calcio i quattro feriti gravi e i due gravissimi tra i tifosi, tanto meno il passante ignaro pestato a sangue, tutti attualmente ricoverati in codice rosso. Non c'entra nulla col gioco calcio un Paese umiliato le cui autorità trattano l'inizio della partita con i capi degli ultras (le cui t-shirt inneggiano alla libertà dell'assassino di Raciti e ad altri temi altrettanto significativi) in diretta nazionale. Non c'entra nulla col gioco del calcio un Paese il cui inno nazionale viene fischiato da alcune decine di migliaia di persone, poco dopo aver riempito il campo di fumogeni, bombe carta e ferito in diretta un vigile del fuoco. Non c'entra nulla col gioco del calcio un Paese che ora, con la scusa di indignarsi, continua a fare pubblicità indiretta a questa vicenda su ogni canale riempiendo i salotti di belle parole ma senza essere stato in grado né di fermare la partita né di punire i colpevoli. Non centra nulla col gioco del calcio la vergogna che provo come italiano nello scrivere tutto questo ma vi garantisco che è davvero molto forte. (nel frattempo il mondo ci osserva? Si, sbigottito, e non sa se ridere o piangere ) |
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Agosto 2017
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