Breve premessa numero uno: uccidere un bambino è quanto di più inquietante io riesca ad immaginare e chi commette un simile reato non può avere giustificazioni.
Breve premessa numero due: mi fa schifo ogni forma di sciacallaggio sui drammi umani, questo articolo non ha particolari morbosi o un approccio piagnucoloso/investigativo/giustizialista. L'Italia, si sa, è un paese arretrato. La spinta propulsiva degli ultimi mesi non può cancellare un immobilismo culturale (forse subìto, ma di certo voluto) che da sempre permea la società italiana. Una delle concezioni più comuni in tal proposito è quella collegata alla figura della mamma, una sorta di versione light della figura della Madonna. Questo è il punto di partenza: non importa quale sia la tua storia, se partorisci un figlio si dà per scontato che tu debba essere un'ottima madre, dove l'aggettivo "ottima" quasi sembra ridondante in quanto scontato. Un po' come dire un eroe coraggioso o un genio intelligente. Questo perchè, nonostante siamo quasi nel 2015, la donna in Italia continua prevalentemente ad avere solo tre caselle su cui posizionarsi: quella della madre/moglie, quella della santa e quella della puttana. La visione è ovviamente quella degli uomini, portatori sani (e spesso in buona fede) di un pensiero però arretrato: la donna una volta partorito si trasforma e diventa, in automatico, una creatura destinata per natura ad occuparsi (fisicamente ed emotivamente) del proprio figlio. Non quindi sulla base di quanto giorno per giorno impara a fare (come per ogni cosa nella vita), ma grazie una sorta di illuminazione divina non meglio identificata e nota ai più come istinto materno. In tal senso, in questa foga ansiogena di cercare una tara nella mamma sospettata di infanticidio, vedo proprio un meccanismo di difesa della società che si attiva nel più classico dei modi. Un infanticidio diventa più sopportabile sia per gli uomini che per le donne se a commetterlo è stata una donna disturbata, una donna che aveva tentato il suicidio più volte, una con un sacco di problemi, no? Come ogni mostruosità risulta più semplice da comprendere se a commetterla è stata un mostro, una persona diversa. Niente di nuovo, è anzi un archetipo della nostra cultura già presente in molte fiabe: la matrigna di Biancaneve, quando l'avvelena, si trasforma in una vecchia ributtante e, fatalità, da quel momento non è più l'algida MILF di "specchio specchio delle mie brame". Cos'è una strega se non la rappresentazione di tutto quello che non è accettabile nella figura materna e va quindi spostato su altro? Pochi nel rapportarsi ad una mamma si fermano un secondo a pensare che un figlio, e soprattutto un figlio piccolo, sia non solo grande fonte di amore, ma anche la creatura più impegnativa sulla faccia della terra. E' normale, è sano, è giusto ma è anche un impegno gravoso per una donna sola e lo diviene ancora di più se la società dà per scontato che sia normale, il minimo sindacale per essere accettata. Mi costerna ma non mi stupisce che a fronte di milioni di donne che danno questa enorme prova d'amore una ceda, una impazzisca, una crolli. Il che non toglie nulla alla pena a cui deve andare incontro, sia chiaro, ma il discorso non credo possa fermarsi ad urlarle "assassina". La famiglia sta ora dicendo che era nervosa, violenta, esasperata? Perchè allora nessuno ha pensato di avvertire i servizi sociali? Non è una domanda retorica, io la risposta ce l'ho: per ignoranza. L'ignoranza per cui si da per scontato che una madre sia sempre all'altezza del suo ruolo, l'ignoranza che non conosce la drammatica incidenza della depressione post partum (e quindi non sa né prevederla, né riconoscerla né contrastarla), l'ignoranza che sparlotta ma non agisce, l'ignoranza che le istituzioni fanno da sempre poco per arginare (favorendo leggende metropolitane e sfavorendo approcci utili). Nella società odierna, priva di quelle reti sociali familiari che spesso in passato servivano da cuscinetti, quante vite vengono rovinate dal mancato intervento di un aiuto esterno? Per un ragazzino ucciso (i "piccoli angeli" dei pomeriggi televisivi e gli approfondimenti da buco della serratura), quanti subiscono quotidianamente violenze psicologiche o fisiche da genitori inadeguati? Lo dico per la terza volta, non è una giustificazione ma solo la volontà di guardare in faccia la realtà, chi ha aiutato questa ragazza sola? Chi le ha detto che quando i freni inibitori sono compromessi dallo stress e dal poco sonno è naturale anche un momento di sconforto o d'ira (che va compresa e ovviamente non sfogata sul bambino)? Provo un grande dolore per questa vicenda ma credo che il nostro dolore non serva a nulla, non serve al bambino ucciso né agli altri che vivranno situazioni altrettanto drammatiche. Quel che sarebbe invece utile è levarci di dosso queste dannate etichette, soprattutto quelle che appiccichiamo sulle donne e sono (secondo il parere di chi scrive) il punto di partenza di ogni orrore di cui si potranno ritrovare ad essere vittime o carnefici.
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C'era bisogno del rapporto del Censis per sapere che l'Italia fosse un paese sempre più solo, sempre più impaurito, vulnerabile e cinico? Serviva il Censis per sapere che l'epicentro del disastro si concentra poi su chi ha avuto l'ardire di nascere tra il '75 e il '95, quegli arroganti noti ai più per la G scarlatta che hanno marchiata a fuoco sulla pelle, i giovani? Una vecchia canzone dei Five For Fighting diceva "It's not easy to be me", non è facile essere me. Non lo è per niente e non ho bisogno del Censis per sapere che dei 4 milioni di giovani che vivono per conto proprio (i fortunati del part time), oltre un milione non riesce ad arrivare a fine mese. Mi basta scorrere la rubrica del cellulare per vedere ragazze e ragazzi intelligenti, qualificati e brillanti sbarcare il lunario con lavori part time presso call center alienanti, fast food che puzzano di fritto o cooperative che ti spremono come un limone. Non mi serve il Censis per sapere che molti dei miei amici non solo non hanno casa propria, ma non hanno neanche la macchina, la moto o i soldi per le vacanze. In compenso hanno le orecchie piene di chiacchiere da salotto, genitori spesso inadeguati che non sanno stargli vicino perchè ancora giocano a fare i Peter Pan sui Suv ed una valigia di semi che continuano a dirgli di piantare sull'asfalto. Hanno un Paese che non parla di hiv ma fomenta fobie su pandemie di ebola, un paese che ogni due giorni ammazza una donna, ancora molto più incline a fermarsi alle apparenze che alle precedenze. Hanno un pezzo di sinistra che mentre affogano gli racconta, assorta, quanto fosse bello il '68, una sinistra che parla di sindacato vicino ai lavoratori ed uguaglianza per tutti ma finge di non vedere la galassia di co.co.pro, co.co.co., partite IVA, artigiani e piccoli commercianti. It's not easy to be us. Non è facile essere noi, noi che non solo crediamo nella buona politica, ma che la facciamo tutti i giorni a livello territoriale, gratis, e ci dobbiamo pure sorbire gli insulti dei militanti delusi da certi dirigenti. Noi che restiamo basiti davanti allo scandalo Mafia Capitale, che crediamo nella magistratura e nella presunzione d'innocenza dei coinvolti, ma abbiamo il diritto/dovere di dare ogni contributo possibile per ricostruire su basi solide il partito romano. Ripeto, non è facile, ma noi che stiamo sopravvivendo a testa alta a tutto questo rischiamo di formarci degli anticorpi di cui non hanno neanche sentito parlare. Il nostro ottimismo è molto concreto e coincide con la nostra volontà di andare avanti, avanti con le riforme, avanti con il ridare dignità al nostro paese e, di conseguenza, a noi stessi. Non c'è alternativa al futuro. Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi
nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti, E a tenere duro quando in te non c'è più nulla Se non la Volontà che dice loro: "Tenete duro!" Se saprai riempire ogni inesorabile minuto Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi, Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa, E - quel che più conta - sarai un Uomo, figlio mio (Rudyard Kipling, Se) |
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Agosto 2017
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